Uccidere l’Idra di Lerna o arrendersi all’Amore?

Ercole non vince lottando ma inginocchiandosi e portando sulla testa l’Idra e lasciando che luce e aria la purificassero… 
Buona lettura e meditazione
 

Il Mito

Colui che presiedeva il Concilio, avvolto nella sua calma radiosa, pronunciò una sola parola.

Il Maestro udì l’aureo comando e convocò Ercole, il figlio di Dio che era anche figlio dell’uomo. “La luce brilla ora sull’ottava Porta”, disse il Maestro. “Vi fu nell’antica Argo una grande siccità.
La ninfa Amimone supplicò l’aiuto di Nettuno che le comandò di colpire una roccia. Così facendo, zampillarono tre ruscelli cristallini, ma subito un’idra vi stabilì la propria dimora.

“Presso il fiume Amimone si trova la pestifera palude di Lerna. In quel malsano pantano vive l’idra mostruosa, una piaga per tutta la campagna circostante. Ben nove teste ha quella orribile creatura ed una di esse è immortale. Preparati a combattere contro questa bestia ripugnante.

Non pensare che i mezzi comuni possano servirti: distruggendo una testa ne appariranno subito altre due.”

Ercole ascoltava pazientemente in silenzio.

“Un solo consiglio posso darti”, aggiunse il Maestro, “ Noi ci eleviamo inginocchiandoci;

conquistiamo arrendendoci; guadagniamo donando. Và, figlio di Dio e dell’uomo, va e conquista.” Ercole passò allora per l’ottava Porta.

La palude stagnante di Lerna sgomentava tutti coloro che vi si avvicinavano. Il fetore ammorbava l’atmosfera per uno spazio di sette miglia. Quando Ercole si approssimò, dovette arrestarsi, perché il solo cattivo odore l’aveva quasi sopraffatto. Le fangose sabbie mobili rappresentavano un rischio e più di una volta Ercole dovette ritirare subito i piedi per non essere risucchiato da quel terreno cedevole.

Finalmente trovò la tana abitata dalla mostruosa bestia. Una caverna completamente buia in cui l’idra si  nascondeva. Ercole spiava giorno e notte la palude traditrice, ma attendeva invano.

Il mostro se ne stava nella sua fetida tana. Ercole ricorse allora ad uno stratagemma: immerse le sue frecce nella pece infuocata e le fece piovere direttamente nell’apertura della caverna dov’era la schifosa bestia. Ne segui confusione ed agitazione.

L’idra si sollevò minacciosa con le sue nove teste sbuffanti fiamme. La coda squamosa sbatteva furiosamente l’acqua limacciosa schizzandola su Ercole. Il mostro si ergeva dall’alto dei suoi tre metri, cosa orrenda a vedersi, sembrava fosse costituita di tutti i pensieri più ripugnanti ed osceni concepiti fin dall’inizio dei tempi.

L’idra si slanciò contro Ercole, cercando di avvolgerne i piedi. Egli si fece da parte e assestò un colpo così potente su una delle teste che la staccò nettamente. Ma non appena quell’orrida testa cadde nel pantano, subito ne crebbero altre due al suo posto. Ripetutamente, Ercole attaccò il mostro inferocito che ad ogni assalto, invece di indebolirsi, diveniva sempre più forte. Allora Ercole si ricordò quello che l’istruttore gli aveva detto: “Noi ci eleviamo inginocchiandoci”.

Gettando da parte la sua clava, s’inginocchiò, afferrò l’idra con le sue nude mani e la sollevò in alto. Sospesa a mezz’aria la sua forza diminuiva. Rimanendo in ginocchio Ercole tenne l’idra al disopra della sua testa affinché l’aria purificatrice e la luce potessero avere il loro effetto. Il mostro, forte nell’oscurità e nel fango del pantano, perse subito il suo potere non appena fu investito dai raggi del sole e dal contatto del vento. Si scuoteva convulsamente e tutto lo schifoso corpo era attraversato da fremiti. Ma il suo dimenarsi divenne sempre più debole finché, infine, la vittoria fu completa. Le nove teste avvizzirono, poi con occhi vitrei e con un ultimo rantolo si accasciarono riversandosi in avanti. Ma solo quando furono completamente prive di vita, Ercole si accorse della testa mistica che era immortale. Mozzò allora quest’immortale testa dell’idra e la seppellì sotto una roccia, mentre essa continuava a sibilare ferocemente.

Al suo ritorno Ercole si presentò davanti al Maestro che disse: “La vittoria è stata completa.

La luce che risplende all’ottava Porta si è fusa ora con la tua.” 

(Tratto da “Le fatiche di Ercole” di Alice A. Bailey – Mito trascritto da Francis Merchant

Un grazie di Cuore per l’ispirazione a Piergiorgio Caselli e ScuolaNonScuola :-))

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